Terra Santissima di Giusy Staropoli Calafati

Se c’è un elemento ricorrente e quasi ossessivo nei libri di Giusy Staropoli Calafati, questo elemento è la Calabria. L’autrice infatti – nata a Vibo Valentia nel 1978 e residente a Briatico, comune della Costa degli dèi – non è semplicemente una scrittrice nata in Calabria, ma è una scrittrice “della Calabria”. L’autrice è animata da un amore viscerale per questa terra, che non si stanca mai di cantare e di esaltare, come una figlia verso la madre che le ha dato i natali e l’ha cresciuta, donandole valori e identità.

La Calabria è una terra unica per le sue bellezze naturalistiche: il mare, la montagna, il sole, i parchi naturali; ma anche per le sue tradizioni, la sua cultura antica e ancora viva, la sua gente accogliente e ospitale. Eppure, lo sappiamo, la Calabria è anche tristemente nota per i suoi lati “oscuri”: la carenza di servizi, la povertà, la corruzione e la ’ndrangheta, un cancro che tenta di estendere le sue metastasi su ogni aspetto della vita quotidiana.

Tutto questo è racchiuso in Terra Santissima, l’ultimo romanzo di Giusy Staropoli Calafati, edito da Laruffa editore nel 2021 e presentato al Premio Strega 2022 da Corrado Calabrò.

Protagonista della storia è Simona Giunta, giornalista di origine calabrese che vive a Milano. La sua missione è tornare in Calabria per rivelare i segreti della ’ndrangheta e sbatterli in prima pagina.

Ma il viaggio di Simona si rivelerà profondamente diverso da come si aspettava: tornando nella sua terra natale, l’Aspromonte, la giornalista avvertirà fortissimo il richiamo di quei luoghi. L’Aspromonte è una terra “santissima” perché piena di religiosità, perché è «il punto più vicino all’Altissimo».

Ma i motivi di attrazione verso la Calabria, incarnati nel rude e affascinante pastore Salvatore, non saranno solo le radici familiari, ma anche l’amore per la letteratura calabrese, di cui Simona (alterego dell’autrice) è una profonda conoscitrice. Ecco che quindi l’intero libro si riempie di riferimenti e citazioni esplicite dei grandi scrittori calabresi, ancora troppo poco conosciuti: Leonida Rèpaci, Saverio Strati, Francesco Perri, fino al grande Corrado Alvaro, la presenza decisamente più forte all’interno del libro: anch’egli, come Simona, la protagonista del libro, era nato in Aspromonte (a San Luca) e aveva fatto conoscere al mondo queste montagne nel suo libro più famoso, Gente in Aspromonte.

L’eco della voce di Alvaro è così insistente che alcune pagine del libro potrebbero essere lette con Gente in Aspromonte a fronte, perché le parole di Alvaro non sono solo citate, ma anche riutilizzate, riadattate, pienamente assorbite dalla scrittrice, che sfrutta il grande scrittore calabrese in un esercizio di sapiente riscrittura.

La letteratura, infatti, è l’altra grande protagonista di questo romanzo, e anzi costituisce il vero e proprio riscatto di questa terra bella e maledetta, un riscatto perfettamente sintetizzato alla fine del libro con il motto “la letteratura salverà la Calabria”.

Perché spesso ci si dimentica che la Calabria non è solo luogo di ’ndrangheta e malaffare, ma è soprattutto una terra ricca di cultura ancora tutta da scoprire. San Luca è il centro di questo contrasto, un comune bollato come roccaforte della ’ndrangheta, ma allo stesso tempo patria del più grande scrittore calabrese.

La convivenza di luci e ombre, di dolce e amaro che connota fortemente la Calabria è continuo nelle pagine del romanzo.

L’autrice riesce in un’operazione unica: scrivere un atto d’amore per la Calabria senza nasconderne i lati oscuri.

 Ma la denuncia che viene fatta non è fine a sé stessa, non si conclude con una passiva accettazione del male, ma è il motore di una proposta di rinnovamento. In Calabria bisogna restare (o ritornare) non come martiri di una terra ostile, ma come motori del cambiamento. Perché «nessuna terra deve essere lasciata sola […] il sistema va combattuto da dentro, restando o almeno tornando, e quando ancora si è forti e si è giovani. Poi è davvero troppo tardi. Lasciare spazi vuoti vuol dire concedere spazi liberi. Occupare gli spazi liberi significa non far trovare spazi vuoti».

Insomma, alla fine appare chiaro come Simona Giunta sia solo un pretesto narrativo, la controfigura dell’autrice che ci accompagna alla scoperta della Calabria, l’unica vera protagonista di questa storia. Una terra agrodolce, ricca di storia, cultura, bellezza e voglia di riscatto. L’inferno e il paradiso. A seconda dei punti di vista, terra maledetta e terra santissima.