Nonostante tutte di Filippo Maria Battaglia

Di libri ne vengono pubblicati, in Italia solamente, ogni anno, un numero che ha superato la cifra di 80mila. A parte il dilemma “tantissimi libri pochissimi lettori”, la domanda che si fa chi legge, soprattutto chi legge molto e con attenzione, è: come può essere “il nuovo” e, in caso, dove sta.

Ecco che ci si muove in libreria e si parla con gli amici che condividono la stessa passione come andando caccia, alla ricerca di formule innovative, idee coraggiose, racconti di quanto ancora non è stato raccontato, o di un altro modo di farlo. Anche se i sentimenti che la letteratura si sforza e intestardisce a raccontare, e le strutture che le narrazioni possono assumere (o rompere) per sostenere una storia, in fondo, pensiamo, le conosciamo, comunque andiamo a cercare “il nuovo”, e proviamo quella tensione piena di aspettativa, se non di pretesa, quando iniziamo a leggere un altro libro.

E sappiamo come va: molti libri ci deludono, altri, pochi, ci entusiasmano. A volte proprio quelli che promettono di portare il nuovo, in realtà in quel tentativo si avvitano, perché nell’esperimento alcuni elementi fondamentali si sono degradati. Poi ci sono libri che si presentano magari come classici, classici moderni, ma che poi rompono gli schemi in qualche modo, magari per la psicologia complessa del personaggio, e ne sei entusiasta. E poi, ogni tanto, accade: hai tra le mani “il nuovo”, qualcosa che prima non c’era.

Einaudi all’inizio del 2022 ha lanciato una nuova collana, “unici”, con l’intento di dare alla luce testi che, appunto, sono in qualche modo unici. Ma degli intenti, soprattutto quelli artistici, in genere non ci si può fidare molto, perché un conto è l’idea e un conto è il gesto che siamo capaci di fare, insomma bisogna vedere qual è l’output per dirla con un termine tecnologico.

Questa volta però è arrivato: “il nuovo”, proprio con il primo numero della collana, dal titolo Nonostante tutte, a cura di Filippo Maria Battaglia (classe 84, giornalista di Sky Tg 24 con alle spalle diverse pubblicazioni tra saggistica, libri storici e antologie giornalistiche).

Questo libro contiene una formula che bisogna rimanere ben concentrati per descriverla tutta senza rischiare di non farle giustizia.

Quindi proviamo: Nonostante tutte è un racconto del 900, costruito con appunti scritti da tante donne diverse, in anni diversi, assemblati in modo rispettoso, accurato, in un modo che formano non solo il ritratto di un tempo storico dal punto di vista delle donne, ma, cosa più emozionante oltre che suggestiva, il ritratto dell’animo femminile.

I testi contenuti in Nonostante tutte provengono dall’archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano. Qui sono stati prelevati e scelti appunti, pagine di diari e lettere di 119 donne, per un totale di 400 frammenti.

Il montaggio dei vari frammenti ha dato vita a un’unica storia, raccontata in prima persona da un’unica voce narrante, che è quella di una donna immaginaria, cui è stato dato il nome di Nina.

Questo esperimento narrativo funziona fino in fondo e assume essenza letteraria perché in nessun punto suona come un’abile tecnica di architettura, quanto piuttosto come un processo poetico, un percorso sentimentale orchestrato da una spiccata sensibilità.

Chi è Nina e qual è la sua storia?

Innanzitutto, Nina ha l’abitudine di scrivere sin da piccola. Così ci racconta di quando, ai tempi della guerra, giocava da sola insieme alla sua gallina, e non osava dire ai suoi genitori che li ama, perché in casa non si parlava mai dei sentimenti. Poi c’è il primo giorno di scuola di Nina, “fu per me un grande evento”, dice. E la vita quotidiana che lei chiama “la storia di ogni giorno” dove tutti sono “impegnati a mettere in ordine, a mettere cose dentro le borse, a salire in soffitta”.

Poi Nina prende il morbillo e gli orecchioni, e passa il tempo “sfogliando grossi libri rilegati con le annate del Corriere dei Piccoli”.

Quando ero piccola, racconta Nina, “si nasceva e si moriva in casa” (…) “Dio era tremendo, onnipotente e in ogni luogo” (…) “Recitavamo il rosario tutte le sere”

Poi finalmente Nina cambia casa “Mi pare un sogno. Eppure è proprio così. Abbiamo una casa che è un amore e tutta per noi” (…) “E’ arrivato il telefono” (…) e poi “abbiamo deciso di risparmiare 110 Lire al giorno per comprare la tv” e poi arriva la lavatrice.

Poi Nina cresce. Ha paura del sesso, si innamora. Conosce le molestie sotto la sua gonna. Il suo corpo cambia. Quando arrivano le mestruazioni e lo dice alla mamma, le viene risposto “incominciamo” e le viene da piangere. La sua mamma non è come la mamma delle sue amiche.

Ecco che Nina si confronta con le delusioni, i sensi di abbandono, le paure della solitudine. Ma non si ferma alla ferita e vuole andare oltre: dopo le medie non va più a scuola “volevo essere indipendente” dice. Ma poi si licenzia perché qualcuno la tratta male. E poi arriva il rock and roll, il fidanzato, la prima vacanza al mare, la paura di rimanere incinta “a quei tempi la donna doveva sposarsi vergine, ma ricordo che personalmente (…) non me ne importava molto. (…) io lottavo quotidianamente per avere piccolissime libertà, come prendere un pullman di pomeriggio”.

Nina trova un fidanzato bellissimo, che le fa grandi promesse e si sposa, e quando i genitori di lui le chiedono di smettere di lavorare e risponde: “non se ne parla”.

Una volta sposata racconta che il sesso è rimasto lo stesso, con piacere ma senza orgasmo. Forse, dice Nina, “servirebbe una scintilla, un rapporto senza complicazioni sentimentali e matrimoniali”. Poi arrivano i figli, la vita si appesantisce “tutto a un tratto il sole che splende non esiste più” (…) “perché mio figlio mi dà tanto fastidio? Perché ti ho generato?” (…)

La vita di Nina fa una curva: “i giorni in cui mi sento bene faccio tanti progetti” (…) ma poi “basta che non mi senta bene che tutto crolla e vivo tirando a sera”.

Arriva la depressione, nonostante tutto quello che Nina è e che ha fatto per la sua vita, nonostante che sia riuscita a diventare una donna completamente diversa da sua madre “pure io ho sofferto, ma almeno io mi sono sposata per amore e da una certa età in poi sono stata padrona del mio corpo e anche dei miei pensieri”. Diventa nonna e dice “meglio vivere di ricordi che di rimpianti. Questa frase mi ha accompagnato tutta la vita”.

Nina, la sua storia, non risuona dentro tutte noi? Non ci fa sentire meno sole e anche più belle?

Perché questo libro con un solo gesto (che se anche assai sofisticato appare leggero), riesce ad abbattere le differenze, a rinviene quel vissuto comune delle donne che tanto fa bene alle donne, perché crea una comunanza, una unione, che fungono da carezza, e le riappacifica. Le fa uscire dal silenzio, dalla solitudine e a volte dalla vergogna dei propri sentimenti e gesti.

In fondo queste non sono le cose che si fanno con le amiche? Non è un caso che oggi, in un tempo in cui le donne lavorano per far sentire sempre di più la loro voce, nei libri il ruolo delle amiche ha spesso rimpiazzato il ruolo del maschio.

Nina sono le amiche, le nostre amiche, quelle migliori. Ecco perché questo libro consola, questo libro fa compagnia, questo libro dà coraggio. Perché parla di quell’animo femminile che, vivissimo e perciò inquieto, cerca, non si accontenta, prova, chiede, ma a volte tace, e a volte perde, soffre, combatte fino alla fine. Non senza dubbi, non senza contraddizioni e cadute. Ma sapere che non si cade da sole è bellissimo.

Articolo pubblicato a firma di Valeria Cecilia il 13 giugno 2022 su https://agrifoglio.ilfoglio.it/agricultura/nonostante-tutte-un-libro-scritto-da-tante-donne-ma-la-voce-narrante-e-la-storia-sono-una-sola/